Un animale selvaggio di Joël Dicker

di Silvia Menini

Un animale selvaggio

Un animale selvaggio Joël Dicker è tornato nelle librerie con un romanzo che conferma la fama e il successo che ha conquistato in tutti questi anni. Per l’autore, questo ultimo libro rappresenta una presa di distanza dal passato per un tendere la mano verso un nuovo inizio che è chiaramente percettibile proprio a partire dall’impostazione della struttura narrativa con cui è stato concepito e scritto.

La trama stessa offre situazioni nuove rispetto a quelle presenti nelle sue precedenti creazioni editoriali, ma si percepisce anche uno spessore psicologico maggiore e la trama non ruota più attorno a un delitto, come siamo stati abituati, portando alla luce dei personaggi che hanno subito una evoluzione che va di pari passo con la sua, in qualità di scrittore e uomo maturo, sposato e con figli.

Ma non abbiate timore: lo stile di scrittura rimane quello tipico di Joel Dicker e proprio quello che gli ha fatto raggiungere il successo a livello mondiale. Quindi: poche descrizioni, stile ritmato, trama che fluisce senza intoppi e incanta il lettore che rimane incollato alle pagine grazie all’inesorabile avanzare dei colpi di scena che certamente anche qui non mancano.

La vicenda è costruita a partire da una rapina a una gioielleria che viene raccontata attraverso una cronaca giornalistica che riporta i fatti puri e crudi, senza fronzoli e senza orpelli.  L’ambientazione è sempre Ginevra, la sua amata città svizzera, la medesima de L’enigma della camera 622, ma con una puntata anche a Saint-Tropez e in Italia.

Lo scrittore si destreggia egregiamente in una accurata indagine tra le complesse dinamiche familiari dei personaggi, tanto che, per la prima volta, Dicker, introduce il tema dei figli, mai trattato fino ad ora.

Tutta la vicenda narrata parte dall’amicizia tra due famiglie: una coppia affascinante con figli che vive in una villa super moderna dotata di pareti di vetro, incastonata nella foresta appena fuori Ginevra e un’altra, invece, sempre con figli, che vive nella medesima zona ma in un contesto diverso: un modesto complesso residenziale chiamato appunto “L’obbrobrio” da chi, invece, è più benestante. Ecco, quindi, che l’autore ha seminato uno spunto importante di riflessione per una attenta analisi sociale. Esiste davvero la famiglia perfetta che tutti invidiano? Sophie e Arpad sembrano essere proprio la coppia a cui ispirarsi: abitano in una casa dall’arredamento raffinato, hanno due figli, Isaak e Lèa, di sette e quattro anni che sono affascinanti e ben educati. Arpad guida una bellissima Porsche e ha un lavoro prestigioso in banca, mentre Sophie è una bellissima e affermata avvocatessa. La loro vita suscita giornalmente invidia e curiosità ma, anche loro, dietro alla loro vita patinata e luccicante, nascondono un loro lato oscuro.

C’è poi Greg, un poliziotto che appartiene alle forze speciali e sua moglie Karine, commessa e i loro figli. Ogni mattina Greg fa jogging con il cane e passa proprio per il bosco dove ammira questa fantomatica casa di vetro e viene affascinato dalla presenza di Sohie che spia non sapendo di innescare un processo che diventerà presto irreversibile.

Ma cosa ci sta dietro il loro passato a Saint-Tropez? E cosa si cela dietro la fuga repentina di Arpad e il passaggio di carriera di Sophie a Ginevra? Quali segreti nascondono?

La loro vita tranquilla subisce un colpo di coda proprio il giorno del quarantesimo compleanno di Sophie quando, un uomo misterioso, si presenta con un regalo che sconvolge la sua vita all’apparenza dorata e priva di problemi, riportandola in un passato ambientato appunto a Saint Tropez. A dimostrazione del fatto che nessuno è veramente come sembra e che nessuno è buono o cattivo al 100%.

Un romanzo che esplora le relazioni e le crepe di una crisi emotiva, cercando delle risposte che potrebbero essere considerate anche universali.

Ma come in un thriller che si rispetti, anche in questo, i segreti dei personaggi vengono rivelati poco a poco, con continui cambi di prospettiva e balzando su diversi piani temporali creando suspance grazie al magistrale utilizzo di indizi, false piste, rimescolamento di carte in un gioco magico che tiene il lettore incollato alle pagine, confermando il fatto che Dicker sa il fatto suo quando si tratta di costruire una trama accattivante e avvincente.

 

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